Pillole di Arte & Cultura: il Giardino Ducale di Parma…

pillole_arte_cultura2Oggi parleremo del Giardino Ducale di Parma, plurisecolare, riscritto, nei secoli, in molteplici forme artistiche e naturalistiche…

Lo spazio verde all’interno della città, programmata al servizio di conventi, monasteri e di grandi casate, era stato progettato per i cosiddetti “orti”. All’interno, vi si coltivavano: legumi, farro, grani di vario tipo, segale, biade e lino. Questo verde urbano, nato per fini economici, non si contrapponeva al verde che esisteva fuori le mura, alla campagna, alle diverse forme di coltura, ma al contrario le integrava e le arricchiva…

Palazzo_Ducale_in_settembreIn origine anche gli spazi dell’attuale Giardino Ducale, fino all’acquisto che ne fece Ottavio Farnese nel 1561, non erano che un sistema di orti, come fino al XIX secolo avvenne per la zona intorno alla chiesa del Quartiere, sempre nell’Oltretorrente. Quasi un quarto della città medievale era rimasta a verde, quando le aree fabbricabili erano richieste e le costruzioni di concentravano su vie strette, elevandosi verso l’alto, con piani bassi, per risparmiare al massimo lo spazio.

Una curiosità: tra le eresie che furono recuperate dalla Chiesa Cattolica, ci fu quella che, per un certo periodo, sembrò coinvolgere l’ordine degli Umiliati, un ordine misto di laici e di sacerdoti, che conducevano vita in comune, ma esaltavano la famiglia, il lavoro manuale e la lettura e predicazione pubblica dei Vangeli. A Parma, gli Umiliati nella zona gravitante intorno al borgo del Naviglio, proprio perché qui aveva sede l’Arte della Lana e vi erano i maggiori opifici per predisporre le lane e tessere e colorare le stoffe. Questa zona era stata scelta per salvaguardare le acque da usare in città, poiché la lavorazione era fortemente inquinante.cof Gli Umiliati ebbero anche incarichi importanti nel Comune di Parma, del quale erano spesso massari, cioé tesorieri. Tuttavia, da questa parte della città, gli Umiliati furono, verso la metà del duecento, soppiantati dall’ordine dei Francescani, per cui essi si ritirarono al di là del torrente Parma, sulla riva sinistra, abbandonando la partecipazione all’arte della lana, investendo così le proprie risorse economiche in un ritorno all’agricoltura, ritenuta un’attività che meglio corrispondeva al loro Ordine. Il ritorno a una purezza originaria, ad una forma di autenticità di testimonianza dei primordi, quando l’uomo era uscito dal unnamed (1)Paradiso terrestre e, nonostante il peccato originale, era ancora vicino ad una sentire autentico che non ne modificava la natura semplice e spontanea.

Nel 1546, dopo poco meno di un anno di governo, il primo duca di Parma e Piacenza, Pier Luigi Farnese, aveva delineato gli spazi per un sistema di protezione del verde, creando una enorme riserva di caccia. Promuovere un’area a riserva di caccia, non significava snaturarne le funzioni. In nessun modo veniva alterato l’equilibrio tra prato, bosco, orti che costituiva il paesaggio dell’epoca, un paesaggio totalmente “umanizzato”, poiché anche i boschi erano il prodotto di un millenario intervenire dell’uomo sull’ambiente, modificandolo, assoggettandolo, quasi reinventandolo, tra esigenze economiche, botaniche ed estetiche. Con la riserva si sottolineava però che, ogni modificazione, ogni fuguro mutamento, dovevano essere sottoposti alla volontà del duca. Significava avere uno strumento di politica del territorio, in grado di assicurare l’equilibrio ecologico. Con Ottavio Farnese il sistema del verde venne incardinato intorno e a partire dal Giardino Ducale, che era parco, orto, giardino, ma anche zoo con fosse dedicate agli animali esotici come orsi e leoni. Intanto, sui rampari delle mura iniziava la coltura del gelso, che così entrava a far parte del paesaggio parmense. Il Giardino Ducale nasce dunque con Ottavio Farnese. Le sue trasformazioni indicheranno le linee guida per i cambiamenti di gusto e di moda ai quali i sudditi conformeranno, nei secoli, i propri modesti giardini. Parma, infatti, non è città di palazzi, non è una capitale di grandi residenze aristocratiche o di ricchi mercanti, di agiati artigiani, per cui solo dal XVI secolo, unnamedincominciano a trovare traccia di presenze di giardini nei cortili, negli spazi retrostanti le costruzioni di una certa dignità edilizia, nelle parco_ducale_estensequali la funzionalità d’uso si affiancava a valori estetici di alto pregio che si collegavano a modelli sia della corte che stranieri. Nel 1561 il Vignola, diede vita, da una pusterla sulle mura, a una villa cubica con loggiato e torretta centrale, che diventò una residenza estiva, luogo delle meraviglie e di stupore, ai quali contribuivano particolarmente la grotta e la fontana, vasta e articolata. La facciata del palazzo sembrava sorgere com un’isola in eleganti forme classicheggianti e luminose, rispecchiatesi sull’acqua. Il palazzo divenne così il luogo di delizie. Il giardino, tra le altre, conteneva un labirinto di verzura (piccole selve e boschetti). Il palazzo, eretto per volontà di fasto, quindi, per rafforzare l’immagine del potere assoluto, luogo della fantasia, dell’unità, il castello incantato dei poemi cavallereschi, per cui non a caso Ottavio Farnese vi fece affrescare storie tratte dall’Orlando innamorato del Boiardo, con foreste di specchi nei quali la realtà si riflette ed insieme viene a mancare.

Parco-Ducale-scultura-di-Jean-Baptiste-Boudard

Nel 1598, il modello di costruire le dimore ducali, sui lati del fiume, era quello farnesiano. Nel 1690, con la costruzione della grande vasca, un vero e proprio specchio d’acqua, voluto da Ranuccio II Farnese, per la naumachia che doveva far parte dei festeggiamenti di nozze del figlio Odoardo con Dorotea Sofia di Neuburg. Il Giardino diventata così spazio per eventi scenici, per rappresentazioni teatrali, per declamazioni allegoriche e poetiche, per i riti dell’Arcadia di Carlo Innocenzo Frugoni, ma anche per la Fiera cinese, eretta per il matrimonio tra don Ferdinando di Borbone, nel 1769 e Maria Amalia d’Asburgo. Il Giardino cambia radicalmente con l’arrivo dei Borbone a Parma, nel 1749, i quali richiedono all’architetto di giardini Pierre Contant d’Ivry, un progetto “tardobarocco” che divideva lo stesso in trecofparti: una triangolare davanti al palazzo, che sarebbe stato il parterre rappresentativo, una centrale con orti e frutteti e l’ultima, intorno al recuperato laghetto ovoidale, con uno specchio d’acqua luminoso e aperto. Successivamente, pur mantenendo la struttura invariata, di fronte al palazzo disassato rispetto all’andamento del Giardino, un architetto francese, Alexandre Petitot, unisce e integra le tre zone, attraverso un cerchio erboreo di viali alberati. Questo è uno dei grandi episodi spaziali, che caratterizzeranno il Giardino. Il laghetto farnesiano divenne un altro punto spaziale, rilevante. A partire dal 1753 furono piantati: tigli, ippocastani e siepi di carpino, forse miste ad acero campestre. Il Giardino Ducale venne anche aperto al pubblico.


 

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