Posted on Ottobre 16, 2019
Sabato, 30 novembre 2019, ore 20 (apertura straordinaria serale): Seven, le Sette Chiese. Misteri ed enigmi all’interno della basilica di Santo Stefano…
Seven, le Sette Chiese: alla scoperta della basilica di Santo Stefano, un’estasi di meraviglia e di curiosità, che solo tanta bellezza arcana sa sprigionare…
A Bologna, nel centro storico, è situato un complesso religioso di straordinaria importanza, sia per la fede che per l’arte, che per i misteri ad esso collegati: il complesso abbaziale di Santo Stefano, un aggregato di edifici che riproducono i luoghi Santi di Gerusalemme…
Il complesso, racchiuso da una cancellata, fu sicuramente impostato sul modello dei Luoghi Santi di Gerusalemme in seguito all’impulso dato dalla prima Crociata, che vide la partecipazione di alcuni bolognesi. Si può pensare che i Cavalieri Templari abbiano svolto, in seguito, un ruolo nella realizzazione degli spazi del più affascinante complesso religioso di Bologna.
La basilica di Santo Stefano, in pillole: divenne un antico tempio trasformato in un nucleo di edifici sacri cristiani, in epoca tardo romana, da Petronio (uomo colto, che aveva viaggiato in Oriente e aveva portato reliquie della passione a Bologna, tra cui la vera croce di Gesù, la colonna della flagellazione e, infine, la benda della Vergine Maria). È un luogo molto caro al cuore dei bolognesi. Le donne si recavano presso la basilica a pregare per un parto sano e sicuro, persino le prostitute vi erano ammesse, in particolari giorni dell’anno. È un luogo misterioso, intriso di 1500 anni di storia, nonché, un concentrato di misteri, leggende e tradizioni bolognesi. È un luogo di ritrovo della società dei Lombardi, eredi dei Templari, inoltre, un luogo di meditazione e studio da parte di Dante Alighieri, durante la sua permanenza nel capoluogo emiliano. Sede della comunità benedettina di Bologna. Luogo dell’antico tempo di Iside. Contiene, infine, uno dei presepi più antichi al mondo.
La chiesa di Santo Stefano è il luogo con la storia più originale di tutta Bologna. Sorta sulla base di un antico tempio pagano, fu immaginata come copia fedele del Santo Sepolcro di Gerusalemme, vide nei secoli una serie di ampliamenti che portarono non ad una ma a ben sette chiese, e una di queste chiese divenne talmente famosa per un ritrovamento inaspettato che fu necessario un intervento “straordinario” del papa. Delle sette chiese originarie al giorno d’oggi ne rimangono quattro, e soltanto una ha portato il nome di S. Stefano in un periodo incerto tra il V e l’ VIII secolo, poi lo ha cambiato dedicandosi al Santo Sepolcro, e del protomartire non è rimasta nemmeno una cappella. Comunque l’intero complesso è ricordato come Ecclesia Sancti Stephani e al giorno d’oggi comunemente indicato come Santo Stefano alle sette chiese.
La storia comincia una notte dell’anno 429, quando a papa Celestino I appare in sogno San Pietro che gli ordina di consacrare Petronio vescovo di Bologna. Considerando la motivazione della nomina (per inconfutabile segno divino) e il fatto che il buon Petronio sembra vantare origini nella famiglia imperiale di Costantino e Teodosio, la vicenda anticipa di più di un millennio l’attuale stile italiano di attribuzione delle cariche importanti. Petronio aveva abbandonato una posizione sociale molto elevata per entrare nell’ordine sacerdotale, era uomo di santa vita ed esercitato fin dall’adolescenza negli studi dei monaci, aveva meditato come eremita nei deserti egiziani, ma soprattutto aveva visitato più volte Gerusalemme, tornandone arricchito di informazioni e con reliquie di prim’ordine, tra cui il piede sinistro di Santa Caterina e un frammento della vera croce (a detta di alcune malelingue comprate per 3000 pezzi d’oro da mercanti saraceni). E a quanto pare decide di ricostruire a Bologna una Gerusalemme da dedicare ai suoi fedeli locali.
Gerusalemme e i luoghi santi all’epoca esercitavano un richiamo enorme sull’immaginario europeo, e i cristiani, finalmente liberi dalle persecuzioni dei secoli passati, vorrebbero vedere con i loro occhi la Terra Promessa dalla quale è arrivata la luce della speranza, anche per ottenere di riflesso la remissione e il premio dei giusti. Il progetto comincia dalla trasformazione in battistero cristiano di un antico tempio di Iside, che attorno all’anno 100 era stato fatto costruire da una ricca matrona bolognese a circa 80 metri dalla via Emilia, la strada che collegava Rimini con Piacenza. Rimasta vedova di Osiride, ucciso dal fratello Seth, Iside supplica il supremo dio Ra di ridar vita al marito, e Ra lo concede, ma solamente se lei riuscirà a ritrovare ogni parte del corpo di Osiride, ormai sparsa un po’ ovunque nel mondo. Dopo varie peripezie Iside ricompone il corpo di Osiride e Ra mantiene la promessa. A parte la vicenda intricata, soprattutto considerando il fatto che Iside Osiride e Seth erano tutti fratelli, tornando alla chiesa di Santo Stefano il fatto interessante è che l’iniziazione al culto di Iside prevedeva un rituale molto simile a quello del battesimo, ed in entrambi i culti c’è il medesimo concetto di resurrezione come premio alla fede e al sacrificio. La fonte originaria viene riconsacrata con l’acqua del Giordano, e il colonnato circolare a cielo aperto che la circonda viene chiuso con un muro e sormontato con una cupola. Le colonne esistono ancora oggi all’interno del battistero: le colonne originali del sacrario di Iside sono quelle in cipollino nero (sette in tutto), mentre quelle in mattoni sono state aggiunte dopo.
Durante il vescovato di Petronio, negli anni 431-450, l’iseo diventa dunque un battistero cristiano coperto, ed accanto viene costruita la chiesa di San Vitale, la seconda delle 7 chiese. Successivamente poco distante viene aggiunto il Martyrium. Nel 737 arrivano i Longobardi. Non toccano l’esistente complesso, ma costruiscono un quartiere accanto al complesso, e una nuova chiesa a destra del battistero che dedicano a San Giovanni Battista. Nella parte posteriore sorgono nove piccoli edifici, alcuni dei quali sono dati in uso ad un gruppo di monaci detti Stefaniani, di cui però non si conosce né provenienza né devozione. Negli anni 1000-1100 i monaci Benedettini costruiscono il campanile, il chiostro, un grande monastero e una nuova chiesa, quella che sarà chiamata del Cenacolo (che sorge a sinistra del campanile). In questo periodo anche il battistero originario viene trasformato in chiesa, quella del Santo Sepolcro, a pianta ottagonale e tamburo della cupola a dodici lati.
Nessuno si pone minimamente il dubbio che possa trattarsi di un qualsiasi altro Simone, e il sarcofago viene collocato sull’altare, il vescovo fa suonare le campane a festa e la chiesa è immediatamente dedicata a San Pietro. E tra i pellegrini che arrivano dal nord si diffonde la voce che il sepolcro del primo vicario di Cristo in terra non si trova a Roma, ma a Bologna. La notizia arriva anche in Vaticano, ma in un primo momento non viene creduta perché troppo inverosimile. E poi nel dicembre del 1399 si era a poche settimane dal nuovo anno santo e c’erano ben altri pensieri per l’organizzazione. Ma già a febbraio i cardinali preposti alle celebrazioni del Giubileo si accorgono che qualche cosa non funziona: gli arrivi dei pellegrini sono inferiori al previsto, e anche la durata del soggiorno di quelli che arrivano è ridotta. Nonostante il grande successo di questo giubileo riportato da molte cronache, si comincia a lamentare il clero, si lamentano osti e artigiani, cerusici e negozianti, persino ladri e prostitute: è un disastro economico, ed è dovuto al fatto che i pellegrini si fermano a Bologna e tornano a casa contenti e ricolmi di indulgenze. La risposta di Bonifacio VIII è durissima: la chiesa viene sconsacrata e il vescovo ha l’ordine di demolirla e reinterrare il sarcofago in un luogo segreto con la massima discrezione, nonché ovviamente di spiegare ai fedeli che i veri resti di San Pietro non si sono mai mossi da Roma. Nel giro di pochi giorni crollano il tetto e le parti alte delle mura, la tomba sparisce. Quindi, caso unico nella storia, una chiesa non viene distrutta dagli infedeli ma dal primo ministro di Dio, il Papa. E tutto questo senza dare scandalo, ma a maggior gloria del Signore, le cui vie sono decisamente infinite. Questo comportamento può sembrare inverosimile al giorno d’oggi, ma a quei tempi molti vicari di Cristo si preoccupavano più degli interessi personali che del Santo Ufficio. Ad esempio tra le sante opere di papa Bonifacio VIII, oltre alla incredibile distruzione della chiesa di Santo Stefano, possiamo anche ricordare l’incarcerazione e successiva eliminazione del suo inoffensivo predecessore Celestino V (colui che fece per viltade il gran rifiuto) e l’aver completamente raso al suolo l’intera città di Palestrina per motivi di vendetta personale contro i Colonna.
Tornando alla chiesa distrutta, soltanto settant’anni più tardi Sisto IV consentirà che la chiesa, ormai in completa rovina, sia riaperta al culto, purché dedicata ai santi Vitale e Agricola (due martiri bolognesi uccisi nella persecuzione di Domiziano nel 304). Probabilmente il tutto fu dovuto alle ambizioni e agli interessi del nipote, Girolamo Riario, che difatti nel 1473 diventa signore di Imola e subito dopo anche di Forlì. Nell’attuale chiesa i sarcofaghi dei santi sono ai lati dell’abside: quello di San Vitale è alla sinistra, sul suo sarcofago è scolpito un pavone, simbolo dell’immortalità; quello di Agricola è sul lato destro, è più ricco e rifinito dell’altro, e porta i simboli del cervo e del leone. L’altare centrale è un’ara pagana con il coperchio rivoltato.
Nonostante tutto i bolognesi rimasero affezionati alla loro piccola Gerusalemme. Tra il 1400 e il 1800 il complesso raggiunse il suo massimo sviluppo, e tranne piccole modifiche è giunto intatto ai nostri giorni. In particolare qui possiamo osservare la più antica, e si suppone più fedele, ricostruzione del Santo Sepolcro di Gerusalemme. Grazie alle testimonianze dei cavalieri crociati il sepolcro venne ricostruito nelle stesse forme e proporzioni di quelle che l’imperatore bizantino Costantino IX Monomaco aveva eretto a Gerusalemme nel 1050, che a sua volta replicava quanto più fedelmente possibile il disegno dell’originale (vedi anche note a fondo pagina).
Curiosità
Nella cripta di San Giovanni Battista c’era (e c’è ancora) una colonna che venne portata dal vescovo Petronio di ritorno dalla Terra Santa e che documenta l’altezza di Gesù Cristo (circa un metro e settanta). Nella stessa chiesa una pietà in cartapesta ricorda le quaresime del ‘700, quando le beghine facevano il giro delle taverne sequestrando i mazzi di carte da gioco, che portavano poi a macerare per riprodurle in immagini sacre a remissione dei peccati commessi da mariti e figli. Sulla facciata della chiesa del Santo Sepolcro resta il segno di un’altra leggenda: una pietra nera così lucida che le donne vi si specchiavano. Indignato per tanta vanità un santo eremita fece un incantesimo e da quel giorno le donne non viderò più i loro volti ma i loro peccati. Il vescovo proibì allora a tutti ad avvicinarsi alla pietra, e prodigiosamente la pietra diventò così opaca da non riflettere più nulla. Il Santo Sepolcro era la tomba scavata nella roccia dove venne deposto il corpo di Gesù Cristo. Il sepolcro originario, quello di Giuseppe di Arimatea, venne distrutto nell’anno 135 quando l’imperatore Adriano fece radere al suolo Gerusalemme a seguito della rivolta del 132. L’operazione venne eseguita dalla XXII Legione, che in seguito venne spostata sul limes e ampliò il piccolo avamposto di Mogontiacum, l’attuale Magonza. Fu l’imperatore Costantino I che a seguito del concilio di Nicea del 325 ordinò l’edificazione di una chiesa nei luoghi della passione di Gesù Cristo. La pietra in cui fu scavato il Santo Sepolcro venne chiusa da un piccolo edificio: l’edicola dell’Anastasis, chiesa consacrata nel 335.
L’evento, che si terrà sabato, 30 novembre 2019 (con punto di ritrovo in via Santo Stefano n. 24, davanti alla basilica di Santo Stefano), partirà alle ore 20, con guida turistica certificata dalla Regione Emilia Romagna e si concluderà dopo un paio d’ore. Auricolari forniti dallo staff, per un eccellente ascolto del tour.
Costo della sola visita guidata (con ingresso ESCLUSIVO alla basilica di Santo Stefano, guida turistica e radio guide): € 22,00.
I bambini, sotto i 6 anni di età e i portatori di disabilità, non pagano la visita guidata.
I ragazzi, dai 7 ai 18 anni e gli over 65, usufruiscono di uno sconto di € 2,00 sul costo del tour.
Per partecipare alla visita guidata, è obbligatorio prenotarsi, spedendo un SMS/Whatsapp, al numero +39 3897995877, oppure, mandando un messaggio alla pagina di Facebook “I love Emilia Romagna” (indicate il nome e cognome di ogni partecipante, numero di telefono e almeno un indirizzo email).
La quota di partecipazione, per questioni logistiche e amministrative, sarà da saldare in anticipo, tramite carta di credito (PayPal), oppure, bonifico bancario.
Durante l’evento, verranno scattate fotografie, che successivamente, saranno pubblicate sulla pagina di Facebook.
Buon divertimento con le visite guidate di “I love Emilia Romagna”…
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