È antico il fascino di Bologna. Chi percorre i vicoli del centro storico, i monumenti e i Portici che hanno reso celebre nel mondo la città, ne resta completamente ammaliato…
Tutti conoscono la Bologna “dotta”, “grassa” e “turrita”. Noi ci addentreremo all’interno della Cerchia dei Torresotti, per ripercorrere la città ai tempi del Medioevo, con i suoi pittoreschi vicoli e le sue piazze, i Vivari, gli orti cittadini e i misteriosi aneddoti e leggende ad esso collegati.
L’apertura di cantieri urbani per ordine dei conventi, con la congiunzione degli stessi alle acque pulite del Savena per dare vita ai ricetti d’acqua per pesci. Le vie di congiunzione, sgomberate da alcuni Portici e selciate. Un fossato che sarebbe divenuto area cimiteriale. La costruzione dei Palazzi comunali e delle Torri. L’origine dei Portici, costruiti per aumentare la cubatura della casa, prolungando le travi dei solai. Un tour che ci riporterà indietro di ottocento anni, con contributi foto e video, per immergerci nelle note medievali di una città che in parte ne porta ancora gli evidenti segni di arte e bellezza.
Col nuovo millennio vi è una ripresa dell’urbanizzazione (anche nella zona che era stata abbandonata per la crisi demografica) spinta dalla distribuzione dei territori appartenenti al monastero di S. Stefano. Venivano utilizzati contratti di enfiteusi (diritto reale su un fondo altrui, in base al quale il titolare gode del dominio utile sul fondo stesso, obbligandosi però a migliorarlo e pagando al proprietario un canone annuo) col vincolo di spostare la casa alla fine del contratto lasciando il solo terreno. Enfiteusi perché era immorale vendere le proprietà della chiesa, così si rispondeva all’esigenza dell’urbanizzazione, in cui nasce il primo mercato urbano (l’infrastruttura più importante in ogni città per le attività economiche della popolazione), di San Giovanni Battista .
I monasteri di Bologna iniziano a produrre liquidità attraverso l’enfiteusi. Si diffondono nuove comunità monastiche (S. Procolo, S. Vitale e Agricola) che cominceranno la lottizzazione dei terreni.
LE DUE TORRI
Nel dodicesimo e tredicesimo secolo furono costruite 131 torri che oggi non esistono più. La torre degli Asinelli, forse la più antica (esame dei mattoni) e la torre Garisenda non si possono attribuire alla famiglia di cui portano il nome. Le torri bolognesi sono situate all’interno o nei pressi delle mura, sedi di potere che si volevano tenere sotto controllo dove erano concentrate le dimore dei ricchi.
L’AUTONOMIA CITTADINA: FORMAZIONE E SVILUPPO DEI COMUNI
Alla fine dell’undicesimo secolo le città dell’Italia settentrionale iniziarono a costituire l’autonomia dei Comuni, tranne Bologna, Ferrara, Modena, Reggio e Verona, che non ebbero la possibilità di essere autonomi perché erano governati da Matilde di Canossa, fortemente contraria all’autonomia. Alla notizia della sua morte nel 1115 i bolognesi assalirono il palazzo imperiale dove lei viveva e lo distrussero, portandoli all’indipendenza. I primi atti dell’istituzione comunale (tramite il Consiglio e i suoi consoli) riguardano la conquista del contado.
LA CURIA SANT’AMBROGIO
La prima comparsa dei consoli dei Comuni avvenne nel 1123 nella curia S. Ambrogio, che aveva abbastanza spazio per contenere il populus sia all’esterno che all’interno e ci si poteva accedere da diverse strade. Col tempo il Comune acquistò edifici attorno alla curia in modo da collocare gli uffici amministrativi.
CANTIERE DI S. STEFANO
Conobbe la più importante ristrutturazione della sua storia, fu sistemato a imitazione dei Luoghi Santi (visti dai Crociati in Terra Santa) tramite le risorse dei patrimoni immobiliari della Chiesa e tramite le donazioni dei fedeli.
COMUNE E STUDIO
L’Università nacque privatamente dai contratti che gli studenti facevano con i maestri, che esercitavano nelle proprie case, o in case in affitto, in base al numero degli studenti. Filippo I formulò una legge per favorire la permanenza degli studenti a Bologna, ma era in disaccordo con l’autonomia delle città, istituendo la guerra contro di loro (Bologna entra nella Lega Lombarda).
BOLOGNA NELLA LEGA LOMBARDA
Il sovrano inviò in città dei podestà forestieri trasformando i consoli in funzionari imperiali. A Bologna impostò una sanzione pecuniaria, la consegna di ostaggi, l’abbattimento di mura e fossati e nominò podestà Bezo che si rese odioso dopo l’applicazione del decreto imperiale sull’espulsione degli studenti provenienti dalle città ribelli. Il re Barbarossa acquistò dei terreni sul poggio di S. Giovanni per costruire il palazzo imperiale, ma quando tornò in Germania Bezò venne ucciso dai bolognesi, e dopo l’insurrezione Bologna entra nella Lega Lombarda.
CERCHIA DEI TORRESOTTI
Così chiamata per la forma delle porte che conteneva, una cintura difensiva molto robusta che dovrebbe risalire ai tempi in cui Bologna entrò nella Lega Lombarda per contrastare Barbarossa. Sembra sia la sistemazione definitiva di una serie di opere già avviate attorno alle nuove espansioni della città. Ha forma circolare e si passa da 19 ettari di selenite a 131 di Torresotti. Era struttrata da una cortina, un fossato, la strada interna alla cortina ed una esterna parallela al fossato. Non erano state progettate bene per contenere la popolazione, infatti solo 50 anni dopo fu costruita una nuova cerchia. Alcuni Torresotti furono abbattuti dopo l’allargamento della città.
Per la costruzione delle mura dei Torresotti fu necessaria molta più acqua e utilizzarono principalmente la Chiusa di S. Lazzaro. Nel 1176 furono assegnati circa 60 mulini raccolti in 14 capanne gestiti sia da famiglie ricche che da enti ecclesiastici, quindi sia da pubblico che da privati, l’atto di consegna di questi mulini fu firmato nella curia dell’abate di S. Stefano.
IL CANALE DI RENO
Dopo la costruzione del Savena viene realizzato il canale di Reno tramite la Chiusa di Casalecchio e le prime menzioni del canale dei mulini risale al dodicesimo secolo, periodo di rafforzamento delle istituzioni comunali. La costruzione viene svolta da una trentina di Ramisani che investirono ingenti capitali per la costruzione di una fitta e redditizia rete di mulini, che ha una svolta molto positiva per l’economia, di cui il comune concede la gestione per una quarantina d’anni.
SISTEMAZIONI NELLA CITTA’ VECCHIA E NUOVE ESPANSIONI
Il Vivaro (oggi vicolo de’ Pepoli) era di proprietà del monastero di S. Stefano e di alcuni privati. Era uno spazio ortivo con abitazioni. Col riempimento del fossato il monastero potè recuperare dei terreni da poter dare in enfiteusi. Il Borgo Nuovo si trova tutt’oggi a ridosso delle mura dei Torresotti e congiunge Strada Maggiore a via S. Stefano. Molti immobili di S. Stefano furono oggetto di enfiteusi. Il Torleone tutt’oggi si trova a ridosso delle mura circla. Fu oggetto di lottizzazione, in parte ceduta alla Chiesa. Torri, curie, cappelle gentilizie. A parte la torre degli Asinelli e la Garisenda undicesimo secolo, le altre torri appartengono al XII sec. (periodo delle investiture) come strumento di difesa-offesa era superato. Alla base delle torri vi erano le residenze delle famiglie a cui appartenevano le torri stesse. La costituzione delle torri all’interno dei complessi patrimoniali privati determinavano le gerarchie sociali e politiche, le famiglie ricche ne definivano il proprio stato sociale e in caso di scontri erano luoghi di difesa e di attacco.
PIAZZA MAGGIORE
Il Comune, nel ‘200 acquistò delle case e dei terreni per aprire il grande spazio pubblico cittadino della Piazza del Comune (attuale Piazza Maggiore), affermando il baricentro urbano, senza alcun riferimento ecclesiastico (S. Petronio fu costruito nel ‘300) ma dedicata alle attività economiche e pubbliche. La morte di Enrico VI determinò la fine di ogni influenza esterna su Bologna, libera di decidere la propria politica estera con alleanze che le permisero di assicurarsi un periodo di pace e stabilità. Molte risorse vennero destinate alla superficie urbanistica, dotando la città di una grande piazza pubblica come simbolo dell’autonomia. Per poter costruire la Piazza dovettero abbattere delle case e alcune chiese. Nel 1208 sorgeva già la struttura non ancora completa di Palazzo Podestà, che inizialmente venne affittato a scopo commerciale. Gli amministratori dovevano governare la dimensione della strada, in cui era proibito costruire i portici che occupavano la superficie pubblica. All’inizio del ‘200 il Comune adottò una politica di “statizzazione” delle fonti energetiche del Reno. Il Comune (che avevano costruito la Chiusa di Casalecchio) fece utilizzare le acque del canale di Reno perché confluissero nel canale che il comune aveva già in parte costruito, costituendo una via d’acqua più rilevante che portava energia idraulica per muovere i mulini e, soprattutto, una via d’acqua navigabile (canale Navile). Tutti i mulini del Navile e delle vicinanze divennero di proprietà del Comune e furono affittati, tenendo sotto controllo la molitura dei grani. Nacque il Campo del Mercato (attuale Piazzola), un grande spazio per ospitare il mercato settimanale del bestiame (il sabato) e per le grandi fiere annuali (mercato internazionale del 15 agosto). L’apertura del Campo del Mercato è legata alle organizzazioni economiche delle Arti (che avevano anche finanziato). La scelta di questa piazza era funzionale alla sistemazione del Navile ed era collegata alla zona in cui doveva nascere il porto, costruito un anno dopo. L’area conventuale di S. Domenico, sede dei frati predicatori a Bologna fu la chiesa di S. Nicolò delle Vigne, situata all’interno delle mura in una zona non ancora urbanizzata. I domenicani acquistarono molti terreni dai Carbonesi (non tutti erano disposti a vendere) e numerose case che, successivamente, abbatterono per creare lo spazio per gli edifici e il grande cimitero.
COMUNE POPOLARE E URBANIZZAZIONE DEI BORGHI
La Circla (terza cerchia) probabilmente risale al periodo di maggior tensione fra Bologna e Federico II, periodo in cui vi è uno sviluppo intenso della città. Fu acquistata una fascia abbastanza larga per comprendere: il fossato della circla, consentendo l’urbanizzazione di una nuova fascia dei terreni, così da rispondere all’espansione demografica e la cortina in muratura, che sostituiva una robusta palizzata (palancato), che doveva evitare entrate ed uscite non controllate. Fu abbattuta nel 1902 e sostituita dai viali. Il sistema di accesso alla città era costituito in ogni porta dal ponte sul fossato, da un rivellino di collegamento e dal cassero in cui si incastrava la cintura difensiva. Ogni volta che la città avanzava si prendeva i terreni più prossimi, e gli enti ecclesiastici erano i maggiori possessori di orti e vigneti suburbani.
SANTO STEFANO
Fu uno dei primi ad avviare la lottizzazione nell’undicesimo secolo. Ad ogni avanzamento delle opere di difesa urbane il monastero comprò terreni agricoli che poi furono lottizzati e concessi in enfiteusi.
SAN SALVATORE
Stipulava anche contratti di locazione ventinovennale, col preciso scopo di fornire aree per la costruzione della casa, cosi da incrementare la popolazione nel territorio di competenza della parrocchia.
SAN PROCOLO
La potenzialità del contratto di locazione “29” con rinnovi più ravvicinati e canoni più redditizi, fu messa in atto dal monastero. Era protetto dalle mura di T che separava gli edifici monastici dalle proprietà rurali, delle quali non si occuparono subito di lottizzare. La casa doveva essere costruita nel giro di un anno e abitata da persone oneste che non potevano disporre del terreno in mano ai monasteri. Alla scadenza del contratto, il locatario poteva restituire il terreno vuoto, oppure pagare per il rinnovo.
SAN PIETRO
Alcuni terreni furono ceduti al Comune per la costruzione del Campo del Mercato, ma la maggior parte dei terreni diede origine al borgo di S. Pietro.
I PORTICI
Gli attuali portici all’interno della cerchia si sviluppano per quasi 38 km, a cui si aggiunsero quelli di S. Luca, della Certosa, degli Alemanni. Con le nuove disposizioni del governo comunale nessuno poteva utilizzare ai fini privati il suolo pubblico, nemmeno con la gronda per scaricare l’acqua piovana che finiva sulla via pubblica. Molti degli edifici costruiti in precedenza che necessitavano di un aumento della cubatura della casa, prolungavano le travi dei solai del primo piano verso l’esterno sulla strada, scaricando il peso su un puntello che rendeva stabile la costruzione, dando origine così, al portico. Il portico dava spazio anche agli artigiani che avevano i loro laboratori al pian terreno. Alla fine del dodicesimo secolo, il Comune cominciò ad imporre che le case dovessero avere un portico costruito su suolo privato. Questo, doveva essere di almeno 2,70 m (per permettere il passaggio dei cavalli), divenendo da uso privato su suolo pubblico, ad uso pubblico su suolo privato.
LE VIE NUOVE E IL CONTROLLO DELL’EDILIZIA
Le vie nuove erano quelle con cui si modernizzava la città antica e si urbanizzava quella nuova. Non era un problema quando venivano aperte nella fascia fra le due cerchie, sulle proprietà degli enti ecclesiastici, mentre quando si dovevano eseguire nella parte storica della città si andavano a rompere gli interessi patrimoniali. Il controllo delle torri iniziò nel 1250, stabilendo che le stesse non potessero essere abitate sopra il 50° foro (24 m). Nelle torri più alte non dovevano esserci scale che permettessero di salire, trasformando la torre da abitazione a strumento per la guerriglia urbana.
SISTEMAZIONE DEI SERVIZI
Le città di origine romana avevano conosciuto la rete fognaria, ma la sospensione della manutenzione ai tempi della crisi tardo antica l’aveva resa inservibile. I collettori prima di divenire sotterranei, stavano in superficie e attraversavano da nord a sud l’Aposa. Si provvide prima a servire le zone centrali (vie e piazze più frequentate) fino ad arrivare ai borghi. Vi furono grandi lamentele per il fetore che il condotto fognario portava a molti palazzi pubblici, quindi, a spese del Comune coprirono il tratto di chiavica. La chiusura delle Androne, erano ristretti spazi situati fra una casa e l’altra e avevano la funzione di raccogliere le acque nere e gli scarichi domestici. Erano collegate con la via pubblica nella parte più vecchia della città o all’interno degli isolati nelle recenti lottizzazioni, dove le case si addossavano le une alle altre con i muri laterali in comunione. Un sistema moderno consentiva ai liquami di giungere ai collettori principali, dando maggior pulizia e decoro alla città. Tutto ciò che poteva far cadere in suolo pubblico le acque domestiche ed essere un pericolo per i passanti era proibito, mantenendo l’igiene e la salute pubblica, in modo da contenere i rischi di infezione. La chiesa di Sant’Ambrogio fu particolarmente curata perchè faceva parte del complesso della sede Comunale. Furono fatti e rifatti i selciati della città per migliorare la transitabilità, far defluire le acque ed eliminare il fango. Lo smaltimento dei rifiuti, riguardava tre categorie: rifiuti domestici, immondizia delle strade, scarti delle lavorazioni artigianali e industriali. La pulizia delle strade nel tratto adiacente le case toccava ai cittadini, mentre le discariche esterne alla città erano gestite dagli abitanti del contado. Questo sistema, a cui i cittadini si sottraevano perché stancante e non remunerato, portò ad una riforma che permise a quattro squadre formate da 25 persone, di portare al di fuori della circla tutte le immondizie ogni 15 giorni. L’anno successivo il servizio passò a delle ditte private. La città in piena espansione produceva rifiuti tossici che inquinavano aria e acqua. La politica comunale da una parte voleva tenere pulite le acque, dall’altra non fermare la produzione, trovando un giusto equilibrio tra sviluppo e deterioramento delle risorse, individuando delle acque per certi servizi e altre per lo smaltimento dei rifiuti inquinanti. Un’acqua intoccabile era quella del canale di Reno (dalla città ai mulini). L’Aposa, che non funzionava come produttore di energia idraulica serviva come scolo di acque nere. Il Savena era mantenuto pulito perché destinato alle attività economiche di giorno e alla pulizia della strada di notte. Il rifornimento di acqua potabile era garantito dai pozzi e da qualche fontana pubblica (molto frequentata perché di buona qualità), ma a rischio da chi utilizzava il fossato come discarica (residui di macellazione) che venivano puniti con una sanzione pecuniaria.
CANTIERI URBANI
Si aprirono anche cantieri dei conventi degli ordini mendicanti, della cattedrale e del secondo palazzo comunale. San Domenico fu il primo insediamento conventuale interno alla città. Intervennero sul ponte nuovo dell’Aposa, l’apertura di una nuova via per congiungere il convento alla parte antica della città e la fornitura delle acque pulite del Savena. Le altre vie che convergevano al convento furono sgomberate dai portici per essere più larghe e ben selciate. Aprirono la via nova, grande e larga verso nord. Il comune cedette alcune proprietà che servirono a creare un insediamento per favorire l’integrazione della zona col resto della città, agevolando l’afflusso dei fedeli (S. Francesco). L’allargamento della via esterna al fossato fu il primo passo verso la costituzione della grande salivata di S. Francesco, che poi sarebbe diventata in parte l’area cimiteriale. Dopo il terremoto del 1222 che fece crollare la copertura della cattedrale, Alberto divenne il responsabile del cantiere per i restauri e ammodernamenti di San Pietro. I palazzi comunali come tutto il patrimonio pubblico cadevano sotto la giurisdizione dei procuratori del comune, che ne eseguivano la manutenzione. Nell’attuale piazza S. Domenico e dietro l’abside di S. Francesco vi sono monumenti funebri di gran rilievo (successivamente, ivi nacque il cimitero urbano).
L’evento, che si terrà domenica, 24 febbraio 2019 (con punto di ritrovo presso piazza Galvani, davanti alla Banca di Bologna), partirà alle ore 10, con guida turistica certificata dalla Regione Emilia Romagna e si concluderà verso le ore 12:30. Auricolari forniti dallo staff, per un eccellente ascolto del tour.
Costo della sola visita guidata (che comprende: contributo foto & video, guida turistica, radio guide): € 15,00.
Visita guidata + pranzo (con cucina tradizionale o vegetariana, presso la “Trattoria Belfiore”): € 35,00.
I bambini, sotto i 6 anni di età e i portatori di disabilità, non pagano la visita guidata (pagano per intero, soltanto il pranzo). I ragazzi, dai 7 ai 18 anni, gli over 65, usufruiscono di uno sconto di € 2,00 sul costo del tour.
Per partecipare alla visita guidata, è obbligatorio prenotarsi, spedendo un SMS/WhatsApp, al numero +39 3897995877, oppure, mandando un messaggio alla pagina di Facebook “I love Emilia Romagna” (indicate il nome e cognome di ogni partecipante, numero di telefono e almeno un indirizzo email).
La quota di partecipazione, per questioni logistiche e amministrative, sarà da saldare in anticipo, tramite carta di credito (PayPal), oppure, bonifico bancario.
In caso di maltempo, la visita guidata si effettuerà ugualmente.
Durante l’evento, verranno scattate fotografie, che successivamente, saranno pubblicate sulla pagina di Facebook.
Buon divertimento con le visite guidate di “I love Emilia Romagna”…
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